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13ª edizione - 1988

LUCIANO GRIMALDI OVVERO DISTRUZIONE DEGLI ARCHIVI VENTIMIGLIESI

(1523 - 1526)

Il soggetto dell'edizione del 1988 è un episodio di sangue, di cui, pur non essendo la vera protagonista, la città di Ventimiglia finì per diventare capro espiatorio.

Era signore di Dolceacqua Bartolomeo Doria, figlio di Luca Doria e di Francesca Grimaldi, figliola, a sua volta, del grande Lamberto Grimaldi, signore di Monaco. Nutrendo il Doria segreto rancore contro lo zio Luciano, che gli negava il pagamento della dote materna (Francesca Grimaldi era infatti già morta) e sperando che, col disfarsi di lui e dei suoi figli, avrebbe potuto rivendicare più facilmente i diritti che egli vantava sulla signoria di Monaco, preparò le file di una orribile trama. «È ormai fuori dubbio che - scrive Girolamo Rossi -al reo progetto prometteva aiuto il celebre Andrea Doria, stretto congiunto di Bartolomeo e che complice di questo orrendo misfatto si faceva il canonico preposto della Cattedrale di Ventimiglia Gio Batta Doria.»

Il 22 agosto 1523 Bartolomeo Doria, con un seguito numeroso, partiva dunque da Ventimiglia, via mare, per recarsi in Francia ad abboccarsi, diceva, col re Francesco L Sbarcato a Monaco, veniva ricevuto dallo zio con segni di particolare affetto ed invitato a sedersi a tavola assieme agli altri familiari, dove gli veniva assegnato il posto d'onore. Sparecchiate le mense, i due congiunti si isolavano in un ufficio appartato con lo scopo, diceva il Doria, di ricevere istruzioni per la sua visita alla corte del re. Mentre vi si intratteneva, sopraggiungeva da Ventimiglia il Maestro di palazzo Giovanni Manchelli, per annunciare che quattro galee erano comparse sul mare in vista della città. A questa notizia il Doria informava lo zio che le navi erano comandate dal congiunto Andrea e, scritta una lettera di preghiera di entrare in porto, la consegnava al Maestro perché con apposita imbarcazione la portasse al destinatario. Allontanava così dal palazzo questo ufficiale affezionatissimo al Grimaldi e quattordici marinai. Ciò fatto, lo sciagurato Bartolomeo si avventava furiosamente con uno stilo contro lo zio e acciuffatolo per i capelli, con ripetuti colpi e con l'aiuto di un certo Barabba di San Remo riusciva a finirlo e stenderlo a terra. Al primo grido di "traditore" emesso da Luciano, accorreva uno schiavo moro che però trovava il suo signore già morto, trafitto da 32 pugnalate.